Con ordinanza n. 10679 del 19 aprile, la Cassazione ha ritenuto nullo il patto di non concorrenza allorquando il datore di lavoro preveda che, in caso di mutamento delle mansioni assegnate, non sia più tenuto al pagamento del corrispettivo del patto mentre il lavoratore debba rimanere soggetto alle limitazioni pattuite nell’accordo per la durata di 12 mesi.
La Suprema Corte ha inoltre ritenuto nullo il patto, allorquando il datore di lavoro si riservi nell’accordo la possibilità di modificare, dopo la risoluzione del rapporto di lavoro, l’area geografica nella quale il lavoratore non potrà operare.
Ai sensi dell’art. 2125 del codice civile, il patto di non concorrenza per essere valido deve definire – all’atto della stipula – in modo chiaro e preciso i propri elementi distintivi: oggetto, durata, corrispettivo, area geografica. Il lavoratore deve infatti essere consapevole dell’impegno che sta assumendo con la sottoscrizione dell’accordo.
Questo il caso esaminato dalla Cassazione.
Patto di non concorrenza firmato da un dipendente assunto con mansioni di private banker, durata triennale, obbligo di non svolgere attività concorrenziale per i 20 mesi successivi alla cessazione del rapporto, area geografica di limitazione Veneto.
Risolto il rapporto per dimissioni, il lavoratore accettava un nuovo contratto di lavoro per svolgere mansioni analoghe alle precedenti nel Veneto.
La banca adiva il giudice del lavoro per la condanna del dipendente al risarcimento dei danni e per la restituzione del corrispettivo del patto già versato.
Nei due gradi di giudizio la domanda risarcitoria veniva respinta per nullità del patto di non concorrenza causa violazione dell’art. 2125 c.c. ed in particolare per indeterminatezza sia del compenso, sia dell’ambito territoriale, mentre il lavoratore veniva invitato alla restituzione del corrispettivo già percepito.
Il fatto che nessun mutamento di mansioni e di area fosse avvenuto, veniva dichiarato irrilevante ai fini della sentenza.
I MOTIVI DEL RIGETTO
Indeterminatezza del corrispettivo: il patto aveva una clausola per cui, se fossero mutate le mansioni del dipendente in costanza di rapporto, il corrispettivo non sarebbe più stato dovuto dalla banca ma il lavoratore, solo decorsi 12 mesi dalle nuove mansioni, sarebbe stato libero dagli obblighi del patto.
Indeterminatezza dell’area: era, inoltre, previsto che l’area geografica in cui operava l’obbligo di non esercitare attività in concorrenza si riferiva al Veneto e a un’ulteriore area che la banca si riservava di definire all’atto della cessazione del rapporto.
La Cassazione confermava l’esito dei due gradi di giudizio ribadendo la nullità del patto.
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