Il Decreto Lavoro, in vigore dal 5 maggio scorso, prevede anche per il periodo di imposta 2023 un innalzamento fino a 3.000 euro del limite di esenzione di beni e servizi ma solamente per i lavoratori dipendenti con figli a carico.
Per il solo anno 2023 viene nuovamente incrementato il limite di esenzione dei fringe benefit, riconosciuti sotto forma di beni ceduti, di servizi prestati e anche di somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche (servizio idrico, energia elettrica e gas).
Il limite passa quindi dal valore ordinario di 258,23 (art. 51, comma 3, TUIR) a 3.000 euro, per i soli lavoratori dipendenti con figli, compresi quelli riconosciuti nati fuori del matrimonio, figli adottivi o affidati, che siano a fiscalmente a carico e il cui reddito nel periodo d’imposta 2023 non superi € 2.840,51 ovvero € 4.000 se di età non superiore a 24 anni.
L’esenzione vale sia ai fini fiscali, sia ai fini contributivi e il superamento della soglia dei 3.000 euro implica che l’intero valore concorra a formare il reddito imponibile.
Per i lavoratori privi di figli a carico, invece, resta fermo il limite di esenzione previsto dall’art. 51 comma 3, TUIR, che è pari a 258,23 euro annui.
Rispetto alla misura prevista lo scorso anno il Decreto Lavoro introduce due particolari condizioni:
- i datori di lavoro che intendano dare applicazione alla norma saranno tenuti a darne preventiva informativa alle RSU, ove presenti in azienda;
- l’esenzione fino a € 3.000, se adottata dal datore di lavoro, può essere applicata solo se il dipendente dichiara di averne diritto indicando il codice fiscale dei figli a carico. Si presume che la dichiarazione vada resa per iscritto, anche se la norma non è esplicita in tal senso, e che non sia sufficiente quanto risulta dal modulo delle detrazioni d’imposta.
Come lo scorso anno invece:
- resta una facoltà e non un obbligo del datore di lavoro decide se erogare o meno i fringe benefit
- per l’applicazione del beneficio non è necessario, come invece accade per il Welfare aziendale, il requisito dell’assegnazione alla generalità dei dipendenti oppure a categorie omogenee degli stessi. L’eventuale benefit può infatti essere assegnato anche ad personam, a discrezione del datore di lavoro.
Ai fini della verifica del limite di esenzione di 3.000 euro occorre considerare anche i beni e servizi eventualmente già assegnati, fra i quali rientrano a titolo esemplificativo: autovettura concessa in uso promiscuo; polizze rischi extra professionali; fabbricati concessi in uso abitativo, senza obbligo di dimora; interessi su prestiti; buoni spesa; pagamento o rimborso delle utenze domestiche del servizio idrico, dell’energia elettrica e del gas naturale.
Per quanto concerne la documentazione a giustificazione della spesa, in caso di pagamento o rimborso delle utenze domestiche, si ritiene applicabile la precedente circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 35/E del 04.11.2022: a tal proposito chi avesse necessità di predisporre dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà per i propri dipendenti potrà rivolgersi ai Consulenti di Studio.
Si resta comunque in attesa, oltre che della corretta interpretazione delle due nuove condizioni per l’accesso al beneficio introdotte dal Decreto Lavoro, anche delle istruzioni operative da parte dell’Agenzia delle Entrate e dell’Inps in merito alle procedure da effettuare per i conguagli relativi ai benefit già erogati nel 2023. Sarà inoltre da chiarire come operare nel caso in cui venga meno il requisito dei figli a carico nel corso del periodo di imposta.
Per quanto riguarda, infine, i titolari di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (ad esempio amministratori di società, co.co.co.) non ci sono al momento indicazioni sull’applicabilità della nuova disposizione in capo ai medesimi.
Sarà nostra premura tenerVi aggiornati qualora, in sede di conversione del Decreto Legge in Legge, venissero apportate modifiche e/o integrazioni.